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Musei

Museo Poldi Pezzoli

Inaugurato nel 1881, il museo è stato creato dal nobile milanese Gian Giacomo Poldi Pezzoli (1822-1879), che ha donato le proprie preziose collezioni di dipinti, sculture e arti applicate per dare a tutti la possibilità di goderne.

Il padre Giuseppe, parmense, a cinquant’anni, nel 1818, aveva ereditato dallo zio Giuseppe Pezzoli, insieme al cognome e al titolo nobiliare, l’enorme ricchezza accumulata dai Pezzoli a metà Settecento come esattori delle imposte nella Lombardia austriaca. L’anno successivo Giuseppe aveva sposato Rosa Trivulzio (1800-1859), appartenente a uno dei casati aristocratici più antichi di Milano e figlia del bibliofilo e dantista Gian Giacomo.

Nel 1833 Giuseppe Poldi morì lasciando erede il figlio di un immenso patrimonio e del titolo di cavaliere dell’Ordine costantiniano. Il giovane fu educato privatamente, sotto la guida di Antonio Gussalli, discepolo di Pietro Giordani, che lo avvicinò alla cultura classica, alla storia contemporanea e agli ideali liberali progressisti.

Giacomo Poldi (così si firmava nelle sue missive) crebbe quindi in un clima culturale fervido: molti artisti, amici di Rosina, che divennero in breve tempo anche suoi, furono spesso ospiti a Bellagio nella villa di famiglia, come i pittori Cesare Mussini, Massimo d’Azeglio e Giuseppe Molteni.

Dal 1846, entrato in possesso del proprio patrimonio, il giovane comparve all’annuale Esposizione braidense, inserendosi così nel novero di quella colta committenza milanese che supportava la locale accademia.

La passione per le armi era in linea con la moda del tempo. Tra il 1846 e il 1848 acquistò diverse centinaia tra armi e armature; gli acquisti proseguirono lungo tutto l’arco della vita, con una sempre maggiore attenzione alla qualità, tanto che entro il terzo quarto del secolo Gian Giacomo era divenuto in questo campo il collezionista più importante d’Italia.

La sua adesione agli ideali risorgimentali è testimoniata da una partecipazione convinta alle Cinque giornate e alla prima guerra d’indipendenza.
Questa esposizione così netta nella lotta contro l’Austria lo costrinse, dopo la sconfitta dell’agosto 1848, a rifugiarsi a Lugano, mentre il suo nome appariva nell’elenco dei cittadini ai quali il maresciallo Josef Radetzky impose una pesante multa.

Ottenuto un passaporto, nel 1849 partì per un lungo viaggio: fu prima in Francia e poi in altri Stati italiani, risiedendo a lungo a Firenze. Costretto infine a rimpatriare a Milano, pagò una multa di 600.000 lire austriache per ritornare in possesso dei suoi beni.

Nella Milano dominata dalla censura austriaca Giacomo Poldi interpretò un ruolo diverso da quello politico per manifestare il proprio patriottismo:

Tra il 1850 e il 1853 affidò a Giuseppe Balzaretto la costruzione di un nuovo caseggiato, gemello del seicentesco palazzo di famiglia nella strada denominata ‘corsia del Giardino’ (oggi via Manzoni). All’interno, un programmatico recupero del passato trasformò completamente i lineamenti neoclassici dell’edificio.

Nei ripetuti soggiorni parigini Poldi Pezzoli aveva potuto ammirare il nuovo Musée des Thermes et de l’Hotel de Cluny, creato da Alexandre du Sommerard, pioniere della museografia romantica: una collezione non costituita solo da dipinti e statue, ma da preziosi arredi e oggetti d’arte applicata antichi, scelti anche per evocare un’artificiosa atmosfera domestica. Lo strepitoso successo di questa nuova interpretazione del passato e del connesso modello museografico dovette confortare Poldi Pezzoli nella scelta della costruzione di una casa-museo, che sarebbe stata tra i primi e più aggiornati esempi a livello europeo di casa-museo in stile storicista, e che avrebbe riscosso grandissima ammirazione da parte dei contemporanei.

Determinante per questa decisione fu l’incontro con il giovane pittore e vetratista Giuseppe Bertini. Dal 1853 al 1879 fu Bertini a ideare ogni stanza della casa in stile storicista, coadiuvato dal pittore Luigi Scrosati, dal bronzista Giuseppe Speluzzi e dallo scultore Lorenzo Vela. Nacquero così il Gabinetto dantesco nello stile del Trecento italiano, la Sala nera nello stile del Rinascimento del nord, la Sala degli stucchi in stile rococò, lo Scalone barocco e infine il Salone dorato.

La raccolta, messa insieme con costanza dal 1850 sino al 1879, vantava pezzi di eccezionale qualità dei più noti maestri del Rinascimento, come Botticelli, Mantegna, Cosmè Tura, Carlo Crivelli, Giovanni Bellini, Piero del Pollaiolo, ma anche le opere più tarde di Canaletto e Guardi, e dipinti medioevali dai fondi in oro di Vitale degli Equi e Pietro Lorenzetti.

Fu inizialmente Giuseppe Molteni a rivestire un ruolo fondamentale nella costituzione della quadreria. Direttore dell’Accademia di Brera, antiquario e mediatore, restauratore di fama europea, per suo tramite Poldi Pezzoli entrò in contatto con l’ambiente accademico e dei conoscitori-collezionisti.

Molto fecondo fu il rapporto instaurato da Poldi Pezzoli con il circolo dei conoscitori europei, come Otto Mündler e Charles Lock Eastlake, rispettivamente emissario per gli acquisti e direttore della National Gallery di Londra, che nei loro periodici viaggi a Milano non perdevano occasione per visitare la costituenda collezione del nobiluomo, con il quale gareggiavano nell’acquisto di pittori primitivi e rinascimentali italiani.

Nel 1860, ottenuto il passaporto del Regno d’Italia, poté finalmente tornare a viaggiare dopo dieci anni: partì per un viaggio di qualche mese in Svizzera, Germania, Francia e Inghilterra, dove tornò anche nel 1862 in occasione della III grande Esposizione di Londra.

Nel 1871, con testamento segreto gettò le basi per la creazione di un museo o fondazione artistica, costituita dall’insieme della sua casa e della personale raccolta d’arte.
La direzione fu affidata all’amico Bertini, che nel frattempo era divenuto direttore dell’Accademia di Brera; il museo fu dotato di un vitalizio destinato a coprire i costi di gestione e gli acquisti di opere antiche e moderne. Veniva così delineata un’esemplare forma giuridica, al servizio della comunità e della città, con una netta vocazione municipalistica.

Morì improvvisamente per un’angina pectoris il 6 aprile 1879 nel suo palazzo di Milano. Venne sepolto a Bellagio, in un mausoleo in stile neogotico romanticamente isolato, che Carlo Maciacchini aveva innalzato per lui.